Diritto dei creditori del defunto di soddisfarsi sul prezzo ricavato dalla vendita del bene ereditario

<<In caso di accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, la vendita di un bene ereditario e il reinvestimento del denaro così ricavato non rendono il bene stesso impignorabile da parte dei creditori del de cuius, i quali potranno, pertanto, sottoporlo a esecuzione e rivalersi sul ricavato, nei limiti del valore del bene, ove l’erede, proponendo la relativa eccezione, faccia valere il beneficio>>. Cass. civ. Sez. III Sentenza, 26/07/2012, n. 13206

IL CASO

Con ricorso del 10 marzo 2005 B.F., quale legale rappresentante della figlia minore P.E.M., propose opposizione all’esecuzione immobiliare promossa dal Comune di … nei confronti suoi e della minore. Dedusse l’opponente che la quota del bene staggito appartenente alla figlia, pari al 50% di un appartamento sito in (OMISSIS), non era pignorabile, in quanto bene personale della minore medesima, erede beneficiata ex lege del padre premorto, laddove il titolo azionato riguardava un credito dell’esecutante nei confronti del de cuius.
Sulla base di tali premesse, chiese l’opponente che, accertata l’impignorabilità del bene, il pignoramento venisse dichiarato nullo.
Costituitosi in giudizio, il Comune di … eccepì che, pur rispondendo al vero che la quota di immobile pignorata non era bene ereditario proveniente dal padre, si trattava tuttavia di bene acquistato dalla madre, in nome e per conto della figlia, con denaro in buona parte proveniente dalla vendita di un immobile sicuramente facente parte dell’asse ereditario paterno. Con sentenza del 28 luglio 2006 il giudice adito ha respinto l’opposizione.
Ha osservato il decidente che la somma precettata dall’Ente era di Euro 23.661,79; che dell’asse ereditario faceva parte un cespite la cui vendita, autorizzata dall’autorità giudiziaria, aveva assicurato alla minore, quale parte di sua spettanza, l’importo di Euro 77.470,00; che la somma era stata reimpiegata dalla madre per l’acquisto della quota immobiliare pignorata. In tale contesto ha affermato il Tribunale che il bene della minore, nel quale era stato trasformato quello ereditario, ben potesse essere espropriato dal creditore del de cuius.
Diversamente opinando, invero, la regola della responsabilità intra vires sarebbe stata facilmente elusa, sufficiente essendo, a tal fine, la liquidazione dell’attivo ereditario e l’acquisto, con il ricavato, di altri beni
che, in quanto personali dell’erede, non sarebbero più aggredibili dal creditori ereditari.
Per la cassazione dei detta pronuncia ricorre a questa Corte B. F., formulando tre motivi, illustrati anche da memoria. Resiste con controricorso il Comune di Porcia.

1. Motivo: Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 490, 495 e 507 c.p.c.. Sostiene che la sentenza impugnata avrebbe fatto malgoverno del principio per cui l’erede beneficiato risponde dei debitie dei legati intra vires hereditatis e cum viribus hereditatis, e cioè con i beni dell’asse ereditario, di talchè i beni personali dell’erede che abbia accettato con beneficio d’inventario non sarebbero suscettibili di esecuzione forzata da parte dei creditori ereditari.

2. Motivo: Con il secondo mezzo lamenta violazione degli artt. 490 e 832 c.c., nonchè mancanza e contraddittorietà della motivazione.

3. Motivo: Con il terzo motivo l’impugnante torna a denunciare violazione degli artt. 490 e 832 c.c., nonchè vizi motivazionali. Il giudice di merito non avrebbe per vero considerato che pacificamente l’immobile sottoposto ad esecuzione era stato acquistato anche con denaro proveniente da un contratto di mutuo stipulato dalla madre nell’interesse della minore. Conseguentemente esso era, almeno in parte, un bene personale dell’erede, bene sottoposto, malgrado ciò, per intero a esecuzione

 

LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

LE CONSIDERAZIONI GIURIDICHE CHE RILEVANO

Occorre muovere dalla considerazione che la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario – mediante la quale si realizza la separazione del patrimonio del defunto e la restrizione della responsabilità dell’erede intra vires hereditatis – è pur sempre dichiarazione di volere accettare l’eredità, sicchè l’erede beneficiato acquista i diritti caduti nella successione e diventa soggetto passivo delle relative obbligazioni.
Come tale, a differenza del chiamato che non abbia ancora accettato, il quale a norma dell’art. 486 c.c., sta in giudizio in rappresentanza dell’eredità, l’erede beneficiato è legittimato in proprio a resistere e a contraddire, tant’è che l’eventuale pronuncia di condanna al pagamento dell’intero debito ereditario va emessa nei suoi confronti, salvo che, in concreto, la responsabilità andrà contenuta intra vires hereditatis nel caso in cui egli abbia fatto valere il beneficio, proponendo la relativa eccezione (Cass. civ. 19 marzo 2007, n. 6488; Cass. civ. 14 marzo 2003, n. 3791).
3. Posto dunque che l’erede beneficiato è, comunque, erede e che, come tale, succede anche nei debiti, l’affermazione secondo cui la disposizione dell’art. 490 c.c., comma 2, n. 2, ne limita la responsabilità per il pagamento dei debiti ereditari e dei legati intra vires e cum viribus, va posta in relazione alle cautele che nel sistema circondano l’aggressione dei beni propri dell’erede beneficiato, atteso che, a norma dell’art. 497 c.c., questi non può essere costretto al pagamento con i propri beni, se non quando è stato costituito in mora a presentare il conto e non ha ancora soddisfatto a quest’obbligo (comma 1) ovvero, dopo la liquidazione del conto, fino alla concorrenza delle somme di cui sia debitore (comma 2).
In tale contesto è stato quindi da questa Corte affermato che (il beneficio d’inventario limita, normalmente, la responsabilità dell’erede non solo al valore, ma anche ai beni allo stesso pervenuti, assoggettando, in via di principio, questi e non quelli personali all’esecuzione forzata (confr. Cass. civ. 29 aprile 1993, n. 5067). Il che tuttavia non vuoi dire che la vendita di un bene ereditario e il reinvestimento del denaro ricavato, rispettati gli oneri procedurali imposti dall’art. 747 c.p.c. e segg., valga a purgare definitivamente l’acquisto. E’ sufficiente al riguardo considerare che il nodo della disciplina che limita la responsabilità dell’erede beneficiato è pur sempre il valore dei beni (art. 490 c.c., comma 2, n. 2, e proprio al fine di evitarne la dispersione il legislatore ha previsto non solo che gli atti dispositivi degli stessi debbano essere autorizzati, pena la decadenza dal beneficio d’inventario, dal tribunale, ma ha altresì stabilito che il giudice, quando occorre, fissi le modalità per la conservazione e il reimpiego del prezzo ricavato (art. 748
c.p.c., comma 2). A ben vedere, infatti, in relazione all’eredità accettata con beneficio d’inventario, la trasparente ratio di tale norma è proprio quella di bloccare il valore del bene in modo che, se non cum viribus, i creditori
possano comunque soddisfarsi intra vires.

DAL PUNTO DI VISTA PRATICO COSA OCCORE SAPERE

L’istituto dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario permette all’erede di rispondere dei debiti ereditari nel limite del valore e beni ricevuti in eredità e non quindi con quelli personali (non si verifica insomma la cd. commistione tra i due patrimoni). Tuttavia, come è successione nel caso in esame, ovvero che il bene ereditario è stato venduto e con il ricavato è stato poi comprato un nuovo immobile intestandolo all’erede, con l’evidente intento di distrarre il credo ai debitori ereditari, l’operazione è da considerarsi illegittima.

Per questi motivi è sempre importante rivolgersi al proprio legale prima dell’evento nefasto in un’ottica anche di pianificazione successoria. 

<<Vigilantibus non dormientibus>>

Avvocato Gabriele Cevenini – Zola Predosa – 16.4.2021